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Quanto cammino dai primi segni che l'uomo componeva per trasmettere ad altri uomini ciò che la sua cultura aveva ordinato! Ed è presumibile che future forme di comunicazione useranno sistemi diversi, quali i colori, le note musicali, le parole, ordinati non solo nello stesso messaggio ma anche nello stesso alfabeto.
Dalle «parole in libertà» dei futuristi ai calligrammi di Apollinaire, dalle «pagine di scritture» di Accame alla «poesia tecnologica» di Pignotti, uno stesso intento ha sorretto queste esperienze: di concepire la parola non solo come segno semantico, ma anche come strumento visivo.

Queste tele, questi quadri, possono essere concepiti come «altre pagine»; strumenti di una struttura linguistica capace di ricostituire i propri segni in un altro ordine; dove la nostra coscienza delle cose riesca a stupirsi, a non riconoscersi quasi, al suono o all'apparizione di quelle stesse parole che le pronunciano. Ed in fondo non è proprio di ogni percorso artistico rimuovere le considerazioni su di un «certo tema», qualunque esso sia, ampliandole in virtù di una ristrutturazione, di una invenzione, puramente linguistica?

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